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Protesi d’anca

protesi d'anca
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Cosa è la protesi dell’anca?

Prima di spiegare le cause e qual è l’iter post-intervento, è bene definire cosa è una protesi d’anca e come viene realizzata.

protesi d'ancaLa protesi all’anca è un trattamento chirurgico di rimozione o solamente della testa del femore del paziente (che andrà ad articolarsi con l’acetabolo naturale) oppure la sostituzione sia del cotile (la cavità che accoglie la testa del femore) che della testa femorale.

Generalmente viene eseguito un taglio sul fianco che espone l’articolazione e che permette la rimozione di una o di entrambe le parti.

Protesi D’anca: le cause

Se si è deciso di eseguire questo tipo di approccio chirurgico, è bene suddividere inizialmente la cause che hanno portato a questa scelta:

  • frattura all'ancaFrattura traumatica: In questo tipo di situazione viene scelto dal chirurgo ortopedico un approccio di rimozione dell’articolazione dell’anca con la sostituzione della testa del femore con/senza rimozione dell’acetabolo. In questo caso la scelta della tipologia di protesi è a discrezione del medico che però deve operare “in fretta” senza valutare bene un tipo di protesi rispetto all’altra. Un aspetto molto importante in questo tipo di lesioni quando si sceglie la protesizzazione è anche se c’è stata una frattura che ha determinato una necrosi della testa del femore, in quanto questa parte anatomica riceve un irrorazione sanguigna terminale e se c’è stata una lesione questa genera la morte ossea della testa femorale.
  • Protesi programmata per Artrosi/artrite: questa scelta terapeutica viene essenzialmente scelta in accordo con il paziente che, esausto dal dolore all’anca a livello dell’inguine, decide di eseguire questo intervento. In medicina esistono svariati tipi di protesi, ognuna delle quali con caratteristiche specifiche che garantiscono un pregio rispetto all’altro, soprattutto in base alla conformazione fisica dell’individuo da operare.

Protesi d’anca: la tecnica

Fino a qualche tempo fa, il chirurgo ortopedico eseguiva un vero e proprio taglio lungo la parte laterale della coscia, eseguendo anche una resezione dei muscoli che si trovavano sotto al suo bisturi, in modo tale da esporre l’articolazione.

Attualmente (e direi fortunatamente) l’incisione viene fatta esclusivamente alla cute e alla fascia che avvolge il muscolo, mentre i muscoli non vengono più tagliati ma divaricati con appositi strumenti, in modo tale da non generare sanguinamenti e lesioni muscolari difficili da sistemare e che renderebbero difficoltoso il percorso fisioterapico.

L’accesso può avvenire anche anteriormente evitando, anche in questo modo, di tagliare i tendini e i muscoli ma semplicemente scostarli. Quì sotto ho inserito un bellissimo video su questo tipo di accesso e come viene eseguito.

La protesi viene eseguite tendenzialmente attraverso un taglio nella parte laterale dell’anca, eseguendo inoltre una incisione sulla fascia di connettivo che avvolge il muscolo; quindi questo viene distanziato esponendo l’articolazione coxofemorale (questo è il nome dell’articolazione dell’anca). Viene quindi eseguito un taglio della testa del femore e una pulizia della cavità su cui verrà alloggiata la nuova testa del femore; all’interno di questa cavità viene posizionata una sorta di incavo che accoglie poi la neotesta femorale che verrà impiantata inserendo uno stelo all’interno della diafisi femorale.

É bene ricordare che i materiali che vengono utilizzati per eseguire le protesi sono assolutamente biocompatibili, cioè che il nostro corpo non recepisce come qualcosa di esterno e che non genera una risposta immunitaria. Inoltre queste protesi sono fatte di un materiale estremamente resistente che, solamente con una grandissima pressione/urto possono rompersi o scomporsi.

Protesi D’anca: i rischi

Sebbene ormai siano interventi quasi di routine, come tutti gli interventi chirurgici anche l’intervento di protesi d’anca può presentare dei rischi che il medico deve conoscere e deve sapere:

  • Condizioni cliniche del paziente: essendo comunque un intervento abbastanza invasivo, è necessario che il paziente si presenti in condizioni generali buone. Problematiche al cuore, polmoni, reni possono propendere il medico a non eseguire questo intervento di protesizzazione. Anche problematiche riguardanti la coagulazione vanno valutate in quanto il rischio di emorragia sarebbe troppo elevato.
  • Malposizionamento della protesi: nonostante sia una negligenza del medico ortopedico, un posizionamento della protesi d’anca porta ad una rotazione e ad una serie di squilibri veramente importanti al paziente, la cui deambulazione risulta essere anche sfalsata ed estremamente difficoltosa, nonché dolorosa rendendo difficile la fisioterapia.
    Purtroppo nella mia pratica clinica mi sono trovato di fronte anche a protesi d’anca posizionate bene ma la cui lunghezza era eccessiva, generando una dismetria di tutto l’arto inferiore che hanno portato a scoliosi lombari, alterazioni muscolari e zoppia.
  • Infezioni: sebbene fortunatamente siano eventi molto rari, può avvenire che la protesi porti ad una infezione con conseguente reazione immunitaria. Le cause di questo spiacevole inconveniente sono o ad una infezione intraoperatoria per una non corretta sterilizzazione dell’ambiente operatorio/operatori oppure per un’accurata sterilizzazione della componentistica impiantata nella protesi.
  • Lussazioni: dopo un simile intervento, il paziente dovrà cambiare le sue abitudini quotidiane ponendo particolare attenzione nel primo-secondo anno dopo l’intervento a non eseguire movimenti di flessione oltre ai 90° e di rotazione interna+adduzione + flessione d’anca (classico movimento di accavallare le gambe) in quanto sono stati sezionati i legamenti che conferiscono stabilità all’articolazione, rendendola suscettibile ad una fuoriuscita dalla propria sede. Questo incidente avviene spesso anche per incidenti stradali detti anche “traumi da cruscotto” cioè dove c’è un forte trauma che spinge il femore in rotazione interna e flessione che porta ad una lussazione (la quale poi necessita di un nuovo intervento chirurgico e di una immobilità per alcuni mesi).

La protesi d’anca nella fisioterapia

La riabilitazione dopo un intervento di protesi d’anca risulta essere ormai un percorso relativamente semplice che però necessita di alcune accortezze e di alcune attenzioni che permettono di recuperare completamente la propria autonomia.

Prima di iniziare la fisioterapia per una protesi d’anca è necessario però innanzitutto spiegare bene al paziente in cosa consiste il trattamento riabilitativo e in cosa si andrà a fare: in questo modo la persona diventa attore protagonista del percorso riabilitativo che si andrà a fare, rendendolo quindi più motivato e più impegnato nel trattamento.

muscolatura gluteo

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La cosa fondamentale in questo tipo di riabilitazione è portare il paziente il prima possibile con i piedi a contatto con il terreno, cercando di verticalizzarlo nel minor tempo possibile (addirittura il giorno successivo all’intervento) cercando di renderlo subito conscio della propria situazione e fargli familiarizzare subito con il carico da poggiare sulla gamba. La cosa che ho notato nel corso degli anni è proprio la paura (logica) di caricare adeguatamente sull’arto operato.

Gli esercizi che andranno ad essere eseguiti, generalmente in regime ospedaliero e poi nello studio, sono quelli di potenziamento della muscolatura di entrambe le gambe, soprattutto per quanto riguarda la parte del grande-medio-piccolo gluteo. Questi muscoli sono estremamente importanti in primis perchè il muscolo medio gluteo (posizionato nella parte laterale della coscia) viene toccato e distanziato in sede di operazione; gli altri due muscoli inoltre servono a stabilizzare il bacino durante il carico, rendendo quindi possibile la deambulazione. Estremamente importante è anche, durante la fase iniziale recuperare progressivamente ma con cautela anche i movimenti di rotazione sia interna che esterna, rendendo libera l’articolazione sin da subito (tutto questo in concomitanza con un dialogo continuo con il medico ortopedico che ha eseguito l’intervento).

deambulare sottoascellareUn training deambulatorio è uno step fondamentale sul quale è necessario focalizzarsi: generalmente le fasi del passo devono essere recuperate e insegnate al paziente da subito, in quanto altrimenti si potranno creare dei meccanismi compensatori che non solo non rendono agevole la camminata, ma possono portare ad una serie di dolori e usure di altri distretti.
Generalmente il paziente viene portato a camminare sin dalla seconda giornata dopo l’intervento con un deambulatore con i sottoascellari, il quale permette uno scarico parziale del carico rendendo già da subito il paziente capace di muoversi nei propri ambienti.
Per i miei pazienti suggerisco questo ausilio acquistabile su AMAZON ad un prezzo molto allettante e con una resistenza che ho potuto apprezzare in vari miei pazienti.

Una volta iniziati gli spostamenti e mantenendo gli esercizi di potenziamento muscolare, si prosegue nel recupero dell’articolarità dell’anca, dove il fisioterapista deve stare molto attento a non eseguire movimenti di estrema flessione abbinati all’adduzione e all’intrarotazione, per il rischio di lussazione.
Mano mano che il recupero prosegue, secondo indicazioni del medico, si deve passare ad una deambulazione con i bastoni canadesi: questo tipo di ausilio ortopedico permette sicuramente una maggior mobilità e agilità da parte del paziente, che però deve eseguire con scrupolo le indicazioni su come deve essere eseguito il passo.
Quì sotto è possibile acquistare ad un prezzo molto valido invece dei bastoni canadesi regolabili nell’altezza del paziente.

Proprio la corretta esecuzione dello schema deambulatorio è alla base di un recupero ottimale o arrancato: anche in questo recupero del passo devono essere eseguiti degli step che il fisioterapista dovrà indicare, come:

deambulazione con canadesi

  1. inizialmente una deambulazione con l’avanzamento dei bastoni in simultanea a cui segue il passo con la gamba operata, la gamba “sana” si posiziona accanto (e non oltre) l’arto operato.
  2. Stessa modalità ma l’arto sano supera l’arto protesizzato.
  3. Viene eseguito un addestramento nell’avanzamento della stampella destra con il simultaneo movimento degli arti inferiori che vengono posizionati in maniera affiancata, si prosegue con il successivo passo con l’altra stampella
  4. viene insegnato uno schema molto simile alla normale deambulazione cioè un avanzamento dell’arto superiore destro in sincronia con l’arto inferiore sinistro, a cui segue poi in maniera simultanea l’avanzata dell’arto superiore sinistro con la gamba destra.

Estremamente importante è anche in questa fase di deambulazione con le stampelle l’addestramento per la salita e discesa delle scale, rendendo giorno dopo giorno il paziente più autonomo e più sicuro di sè.

In accordo con il medico ortopedico, viene poi suggerito di eliminare prima una e poi l’altra stampella, correggendo eventuali squilibri e alterazioni nella marcia.
Nel mio studio trovo estremamente importante in questa fase eseguire anche un addestramento nel recupero dell’equilibrio, soprattutto per quanto riguarda la fiducia che il paziente ha nel proprio arto: per questo motivo eseguo il prima possibile anche un continuo insegnamento sia della coscienza del proprio carico sia con esercizi per migliore il controllo motorio e la propriocezione (la percezione del proprio corpo nello spazio e i suoi relativi movimenti). Per questo utilizzo alcuni ausilii come pedana oscillante, pedana di Freeman, utilizzo di tavole propriocettive ed esercizi a occhi chiusi.pedana propriocettiva

Il tempo di trattamento riabilitativo per una protesi d’anca varia da persona a persona in base a varie tipologie:

  • tipologia di intervento chirurgico
  • condizioni generali del paziente
  • condizioni psichiche e cognitive del paziente
  • struttura muscolare esistente
  • peso corporeo
  • impegno e partecipazione al recupero riabilitativo

Consigli per una protesi d’anca

Se avete eseguito una protesi d’anca, è importante che vi siano delle attenzioni particolari sia durante l’arco della giornata sia durante le attività di vita quotidiana.

divano bassoUn’attenzione particolare, soprattutto durante i primi tempi dopo l’intervento di protesi d’anca, va dedicata alla postazione in cui si sta seduti: non deve essere mai posizionato il paziente in una sedia/poltrona che determina un angolo tra arti inferiori e busto minore di 90°.
Per ovviare a questo tipo di problema può essere d’aiuto o reclinare lo schienale, aprendo quindi l’angolo sopra descritto, oppure utilizzare dei cuscini al di sotto dell’appoggio del sedere rendendo più alta la seduta e non incorrendo in eventuali problemi.

Un altra attenzione importante è quella di non sedersi sui divani bassi e su cui è facile sprofondare: risulta essere non solo pericoloso per il paziente ma anche estremamente difficile poi alzarsi.

Una particolare menzione va fatta per quanto riguarda l’utilizzo del water: per sedersi nel bagno ci si poggia tranquillamente sulla tazza espletando i propri bisogni. Questo soprattutto per i primi tempi è una cosa che io assolutamente sconsiglio per la difficoltà soprattutto sia di alzarsi ma anche per il rischio di lussazione.
Fortunatamente esistono degli alzatazza molto comodi ad un prezzo non eccessivo che non solo hanno anche dei comodi braccioli su cui fare forza, ma che si ancorano alla parte inferiore della ceramica rendendo stabile questo e non incorrendo in inutili rischi.
Tutti i miei pazienti mi hanno dato recensioni veramente ottimi di questo alzatazza; per questo motivo io ve lo suggerisco in modo da favorirvi la ricerca.

Riguardo Daniel Di Segni
Daniel Di Segni
Nel mio Studio “Cervicale e Vertigini” di Roma, investo moltissime risorse economiche e professionali per permettere al paziente di avere una fisioterapia di qualità ed individuare il miglior percorso riabilitativo per la singola esigenza e situazione del paziente riducendo quindi il numero delle sedute fisioterapiche.

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