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Cervicobrachialgia

Cervicobrachialgia
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Anatomia della cervicale e del disco

Quando si parla di cervicobrachialgia è fondamentale eseguire un piccolo richiamo di anatomia, in modo da far capire al meglio cosa succede in caso di dolore al braccio che proviene dal collo.

Prima di parlare di cosa è una verticalizzazione cervicale è bene eseguire un breve riepilogo su come è fatto il rachide cervicale e quali movimenti esegue.

Infatti la zona cervicale è composta da 7 vertebre (dette appunto “vertebre cervicali“) cioè delle ossa corte che si localizzano nella zona del collo e che risultano essere impilate una sull’altra. Queste ossa sono formate internamente da tessuto trabecolare ed esternamente da tessuto più duro detto “osso lamellare”. La vertebra poi è composta in alcuni parti molto importanti che si relazionano l’una con l’altra e che gli conferiscono la particolare forma anatomica; è infatti possibile distinguere:

  • Corpo Vertebrale: una larga massa cilindrica formata internamente da osso trabecolare con però osso corticale che lo circonda. Ha la funzione primaria di sopportare il peso delle strutture di ogni vertebra, ha la funzione di essere la base su cui è poggiato il disco intervertebrale.
  • Peduncolo:proiezione di tessuto osso denso che si origina dalla parte media verso la parte superiore del corpo vertebrale. Connette il corpo vertebrale con gli elementi posteriori della vertebra; in questa zona fuoriescono dal midollo i nervi che si dirigono verso la periferia.
  • Lamina: stretta parte di osso che collega la base del processo spinoso verso i rispettivi processi trasversi; questa parte protegge il midollo spinale nella sua porzione posteriore
  • Processo trasverso:parte di osso laterale situato tra la lamina ed il peduncolo; dal processo trasverso si originano o si inserzionano muscoli, legamenti e coste, generalmente fornisce sostegno ai muscoli che sono bilaterali.
  • Processo spinoso: processo osseo posteriore posto al centro e la cui funzione è di essere un origine di muscoli o legamenti, è quello che viene percepito manualmente quando si passa la mano sulla schiena.
  • Disco intervertebrale: Un denso anello posto tra una vertebra e l’altra, all’interno del quale è posto il nucleo polposo che è una sorta di “biglia” gelatinosa. Il disco ha una importante funzione di assorbimento e distribuzione della pressione assiale e svolge l’azione di interposizione tra una vertebra e l’altra.
  • Processo articolare: coppia di processi articolari accoppiati superiormente ed inferiormente che hanno la funzione di collegare per via articolare le rispettive superiori ed inferiori vertebre; sono legate dall’articolazione “zigoapofisarie” e hanno la funzione di guidare l’orientamento della vertebra nelle rispettive direzioni di movimento; in biomeccanica hanno la capacità di eseguire un determinato range di movimento favorendo i vari movimenti.
cervicale anatomia
Esempio di vertebra cervicale con tutte le componenti

Un ruolo centrale in questo tipo di problema viene svolto dal disco intervertebrale il quale, come abbiamo precedentemente accennato, svolge non solo una funzione di distribuzione di forze a livello della vertebra sopra/sottostante, ma anche quello di fornire nutrimento ai legamenti posti anteriormente e posteriormente, favorisce il movimento delle vertebre e ammortizza i vari traumi (una sorta di cuscinetto).
Per comprendere meglio anche come è fatto questa struttura, vi posto questo bellissimo video in 3D che mostra la composizione del disco intervertebrale e di come si relaziona anche con i nervi spinali (che vedremo dopo).

 

Definizione

cervicobrachialgiaQuando si parla di cervicobrachialgia si intende una condizione caratterizzata da un dolore che si origina a livello della zona cervicale per irradiarsi lungo il braccio. Questa condizione è molto invalidante e, in fase acuta, limita l’utilizzo del braccio a causa del grande dolore che viene provato dal paziente.

Il termine cervicobrachialgia infatti già spiega la condizione seguendo l’etimologia della parola:

Cervico – 
condizione che coinvolge il distretto cervicale.
Brachi – termine che proviene dal latino brachiale e significa “braccio”.
Algia – parola che viene dal greco e significa “dolore”.

Non esiste una prevalenza maschile o femminile per questa condizione, in quanto colpisce indiscriminatamente entrambi i sessi; risulta essere invece più rara in età giovanile e più presente tra i 30 e 55 anni di età.

La causa di questa condizione generalmente è attribuibile ad una problematica discale: potrebbe esser presente un’ernia od una protusione discale che, in base al livello in cui questa è presente, determina una condizione di dolore e alterazioni neurologiche nell’arto superiore.

Ma siamo così sicuri che il dolore viene sempre da una compressione discale sulla radice del nervo? Infatti nel mio studio giungono continuamente pazienti che hanno un forte dolore al collo e che scende lungo l’arto superiore che però, eseguendo i vari test funzionali, mostrano come questo tipo di fastidio non sempre sia determinato dalla discopatia, bensì da altre condizioni muscolari.

Le Cause

Come abbiamo detto, spesso la condizione che può portare a questo tipo di disturbo può esser determinata infatti da vari aspetti che coinvolgono sia i muscoli sia i nervi che partono dal collo.

Infatti generalmente può esser diagnosticata una causa che proviene da nervi, muscoli o vasi sanguigni; ma vediamo nel dettaglio quali sono le cause della cervicobrachialgia:

  • Ernia cervicaleErnia o protrusione discale: in queste condizioni avviene che c’è una qualche componente che, nel corso del tempo, ha generato uno squilibrio posizionale del disco intervertebrale che perde la sua conformazione e tende a “sfaldarsi”, dirigendosi verso l’esterno. Avviene quindi che sia presente una sorta di compressione a livello della fuoriuscita del nervo dal midollo e del sacco durale (ricordiamo in prossimità del peduncolo) la quale quindi genera un fortissimo dolore e una serie di disturbi sensoriali che si estendono dal collo fino al braccio (arrivando talvolta anche alle dita). Questa condizione però generalmente va valutata attentamente in quanto non è detto che il dolore sia davvero riconducibile alla compressione nervosa. Solamente attraverso un’attenta valutazione funzionale e con specifici test sarà possibile pensare alla discopatia cervicale.
  • cervicobrachialgia cause
    Un trigger point dello scaleno può indurre una sintomatologia simile a quella della cervicobrachialgia.

    Disfunzione muscolare:Questo tipo di condizione è fortunatamente la più frequente e che si risolve in pochissimo tempo. Infatti molto spesso, per una serie di condizioni (posture errate, sforzi, disfunzioni muscolo-scheletriche) in alcune fibre di alcuni muscoli possa subentrare una condizione di sofferenza biochimica e funzionale la quale, per una cascata di alterazioni infiammatorie e nocicettive, determinano un dolore non solo locale ma anche riferito che “mima” un disturbo da cervicobrachialgia. Questa condizione di sofferenza miofasciale si chiama trigger point ed è responsabile di moltissime alterazioni, arrecando anche molto molto dolore. Nel caso di un dolore che parte dal collo fino ad arrivare al braccio, spesso il muscolo scaleno o piccolo pettorale possono esser implicati in questo genere di disturbo (addirittura possono mimare la condizione di sofferenza cardiaca del cuore).

  • Stretto toracico: questa famosa condizione è caratterizzata da una compressione a livello toracico (al di sotto della clavicola) dei fasci nervosi e dei vasi sanguigni che portano l’innervazione e l’apporto di sangue all’arto superiore. Questa condizione è caratterizzata da un restringimento nella zona tra la prima costa, la clavicola, il muscolo succlavio, il muscolo piccolo pettorale e il muscolo scaleno. Nella zona delimitata da questi tessuti passa il complesso nervo-vasi che scende verso il braccio generando una compressione (statisticamente più a livello dei nervi) generando un grande fastidio e dolore lungo il braccio, insieme a complicanze come alterazioni sensoriali, atrofia di muscoli della mano e facile affaticabilità dei muscoli del braccio.
  • Alterato assetto articolare: c’è da includere in questo tipo di condizione anche un errato posizionamento delle superfici articolari a carico del collo e della spalla. Infatti è frequentissimo trovare nei miei pazienti assetti articolari che sono alterati: questo genera che il movimento è limitato perchè ovviamente le superfici sono già “a fine corsa”; questo genera quindi un informazione sensoriale tramite i legamenti al cervello che quindi genera la sensazione di dolore. Ricordiamo inoltre che in questa condizione c’è un iperlavoro a livello della muscolatura che tende ad andare in sofferenza e che, nel lungo periodo, può evocare un dolore al braccio e al collo.
    Anche la zona toracica può bloccarsi per una situazione del genere, magari per un blocco tipico come il gibbo di bisonte.
  • Artrosi e osteofiti: infatti in presenza di artrosi cervicale e di osteofiti a livello cervicale è possibile che siano presenti sintomi da associare alla cervicobrachialgia. Questo avviene in quanto nella degenerazione cartilaginea possono formarsi questi osteofiti che non sono altro che una sorta di neoformazioni ossee e, a seconda della loro localizzazione, possono instaurarsi proprio in prossimità della radice nervosa.

Sintomi

Nel caso in cui si sospetti di avere una cervicobrachialgia è bene conoscere quali sono i sintomi che possono esserci. Ricordiamo sempre che non è detto che siano presenti sempre< tutti i sintomi: questo perchè ogni persona è differente da un’altra e quindi anche l’accomodamento al disturbo è differente ed individuale.

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I sintomi che troviamo in questa condizione sono:

  1. Dolore: sicuramente questa sensazione è quella predominante sulle altre. Il dolore risulta essere, in fase acuta, estremamente forte (in una scala VAS da 1 a 10 si attesta intorno al 8-9) per poi ridursi dopo qualche giorno, rimanendo sempre però abbastanza latente. Infatti permane nei pazienti che non eseguono una corretta fisioterapia, una sensazione sempre di alterazione, come se il braccio ed il collo sono “alterati”. I vari movimenti del collo peggiorano la sensibilità dolorifica, che induce quindi ad un blocco muscolare “antalgico” ma che poi genera successivamente ancora più problemi secondari.
  2. cervicobrachialgia sintomiAlterazione di sensibilità: Questa situazione avviene principalmente dove c’è una compressione a livello dell’emergenza del nervo. Si assiste in una sensazione alterata del collo e del braccio, il quale risulta essere pesante, addormentato e rigido. I movimenti vengono percepiti come rallentati e rigidi, condizione quindi che predispone per una serie di alterazioni anche gravi come l’algodistrofia.
  3. Parestesie: questo sintomo della cervicobrachialgia può esser descritto come una serie di alterazioni sensitive al braccio e alla mano. Infatti vanno incluse in queste percezioni alterate il formicolio lungo l’arto, la sensazione di scosse elettriche e il senso di blocco muscolare.
  4. Riduzione di forza: questa perdita della forza prensile della mano e del braccio in toto può essere imputato sia al disturbo che avviene a livello nervoso che quindi altera proprio la conduzione nervosa (e quindi conseguentemente l’attività muscolare), ma anche al fatto che si percepisce dolore, il quale logicamente imputa una riduzione antalgica del movimento. Infatti la forza è un parametro abbastanza relativo ma che viene sin da subito percepito dal paziente.
  5. Vertigini: spesso in concomitanza con questi sintomi che capitano al paziente, può esser presente una forma di vertigini da cervicale che logicamente non migliorano il senso generale del paziente, che è già sofferente di suo.
  6. Mal di testa: non è raro riscontrare, in questo genere di condizione, anche che il paziente possa avere un forte mal di testa di origine cervicale. Questo avviene in quanto il rachide cervicale è spesso implicato nel nucleo cervicale del nervo trigemino, il nervo che si distribuisce sul viso e sulla testa; in caso di alterato posizionamento delle vertebre, questo nucleo può essere irritato e predisporre per un mal di testa.
  7. Sonno disturbato: il sonno del paziente che soffre di dolore al braccio e al collo non è mai continuo e sereno, bensì molto agitato e si trova difficilmente la posizione, in associazione comunque anche al dolore che durante le ore notturne diventa più evidente. (Per questo motivo vi consiglio di seguire la guida su come dormire con la cervicale)

Indagini da eseguire

Se si sospetta di avere un qualche problema che coinvolge il braccio ed il collo, sicuramente vi starete chiedendo: Quali esami quindi devo fare?

Purtroppo c’è l’usanza in Italia quando si hanno questo genere di disturbi di recarsi dal medico di famiglia, il quale in prima istanza (anche per direttive inviate dal ministero della sanità) di eseguire in primo luogo una lastra al collo: questo tipo di indagine, nel caso in cui si sospetta un dolore di origine discale o muscolare, è completamente INUTILE. Questo perchè la lastra mostra solamente la componente dura e calcifica, quindi solamente le ossa ed un suo assetto globale, ma non mostrando i tessuti molli come legamenti, tendini e disco intervertebrale.

Infatti il miglior tipo di indagine che va eseguita in questo genere di problematica è sicuramente quella della risonanza magnetica. Questo tipo di esame, senza alcun tipo di emanazione di radiazioni nocive per la salute dell’uomo, ha la capacità di mostrare l’assetto e lo stato di salute di tutti quei tessuti molli nel distretto in esame. Purtroppo però questo tipo di indagine viene eseguita generalmente all’interno di una sorta di “cabina” chiusa e, alcuni soggetti claustrofobici, possono mostrare fastidio o incapacità a mantenere la posizione per la durata dell’esame a causa proprio del senso di soffocamento che percepisce il paziente.

Nel caso in cui invece si assiste ad un importante depauperamento del tono muscolare e c’è una vistosa perdita di forza, può essere anche d’aiuto andare ad analizzare la conduzione nervosa a livello dell’arto superiore con un’ ELETTROMIOGRAFIA: questo esame infatti attraverso dei piccoli aghetti che penetrano all’interno del muscolo, hanno la capacità di rilevare la velocità e la capacità contrattile dei muscoli e mostrare un eventuale riduzione di segnale o di reclutamento muscolare.

Caso clinico da me trattato

palpazione trigger pointRicordo perfettamente qualche tempo fa come si presentò allo studio un ragazzo (Andrea) che purtroppo soffriva di un dolore che proveniva a livello della zona cervicale e che si emanava verso tutto l’arto superiore. Mi disse di aver provato di tutto, andando da vari medici specialisti e utilizzando una vagonata di farmaci antinfiammatori che però non avevano minimamente ridotto il dolore che gli proveniva dal collo. Durante la mia visita riscontrai un particolare che probabilmente era sfuggito ai vari medici e ciò che i suoi muscoli del collo anteriori (nel caso di Andrea erano i muscoli scaleni) che risultavano essere particolarmente contratti e dolenti alla palpazione; questo fatto, in base anche alla mia specializzazione legata al distretto cervicale, mi ha permesso di andare a ipotizzare che il problema che attanagliava il paziente era proprio una sofferenza vascolo-nervosa che partiva dal collo e che scendeva lungo l’arto superiore.

Infatti nel momento in cui è stato trattato tutto il distretto della clavicola, del collo, allentando la muscolatura in spasmo legata alla parte anteriore del collo la risoluzione è stata pressochè immediata (4 sedute complessive) andando a delineare un quadro di cervicobrachialgia indotta da una sindrome dello stretto toracico che induceva un dolore cervicale e un risentimento doloroso e sanguigno all’arto superiore.

La terapia farmacologica per la cervicobrachialgia

Veniamo ora a parlare di quei farmaci che generalmente sono utilizzati nei pazienti che hanno una forma di dolore al collo che scende lungo l’arto superiore.L’azione ovviamente è più sulla infiammazione cervicale che si viene a creare a causa di una compressione di vario genere.
Premettiamo che ovviamente ogni farmaco che viene usato in queste situazioni deve essere assolutamente prescritto da un medico che conosce la vostra condizione e anamnesi. Vediamo ora quali sono invece i farmaci che vengono consigliati dagli specialisti:

  1. FANS: si tratta dei “farmaci antinfiammatori non steroidei” cioè non a base cortisonica. Sono molto utilizzati in quanto svolgono una buona azione nella riduzione dell’edema infiammatorio nella radice nervosa; ricordiamo purtroppo però che questi farmaci, se da una parte migliorano l’infiammazione, dall’altra hanno effetti negativi sullo stomaco.
  2. labirintite terapia
    L’utilizzo dei farmaci può aiutare nella gestione della sintomatologia legata alla cervicobrachialgia

    Miorilassanti: questi farmaci hanno un’azione mirata verso il comparto puramente muscolare per cercare di ridurre lo spasmo muscolare conseguente al problema. Ovviamente non ha un’efficacia mirata solamente ai muscoli del collo bloccati, ma in un senso generale; questo comporta quindi un miglioramento da parte della sintomatologia del paziente che avverte meno tensione e dolore al collo.
    Ricordiamo però che un uso eccessivo di questi farmaci può essere molto pericoloso andando a modificare il metabolismo cellulare muscolare e, nei casi più gravi, andare a bloccare la contrazione diaframmatica.

  3. Cortisone: il cortisone forse nei casi in cui sia presente una infiammazione rappresenta la terapia più potente che si può fare. Infatti il cortisone è una sostanza prodotta dalle ghiandole surrenali con azione antinfiammatoria e modulatrice del sistema immunitario. Questo farmaco se da una parte funziona benissimo sull’infiammazione, crea una serie di problematiche importanti sul pancreas, cervello, sistema endocrinologico e sangue.

La Cura Definitiva

Una volta identificato il problema che genera una cervicobrachialgia, è fondamentale iniziare subito un trattamento sia in fase acuta sia in fase subacuta. Generalmente In una prima fase, è bene che il medico sottoponga il paziente ad un ciclo di antinfiammatorio associato ad un miorilassante: in questo modo si va a ridurre l’edema che avvolge la protusione/ernia cervicale favorendo la normalizzazione della condizione, il miorilassante invece per ridurre la contrazione perpetua eseguita dal cervello in atteggiamento di difesa, la quale però genera ulteriore dolore al paziente. Questo genere di trattamento però è logicamente sintomatico, in quanto tende ad agire su quello che sta generando in quel momento il problema. Infatti una volta che il trattamento farmacologico sta facendo il suo corso, è bene che il paziente inizi a vedere se questo tipo di farmaci che gli sono stati prescritti stanno facendo effetto oppure no.

Pompage cervicale daniel di segni

Non è raro infatti trovare delle condizioni in cui è presente solo un dolore che parte dal collo e scende lungo la spalla e che, con questo tipo di cura antinfiammatoria, non percepisce nessun miglioramento. Generalmente questo tipo di risposta ai farmaci tende a far pensare che il problema sia più di carattere muscolo-scheletrico (quindi di più facile risoluzione).

Nonostante però l’azione dei farmaci che possono più o meno aiutare, risulta essere FONDAMENTALE iniziare un percorso riabilitativo adeguato in quanto è sempre utile ricordare come il dolore sia un campanello d’allarme molto importante che il nostro sistema sta mostrando, segno quindi che qualcosa non funziona adeguatamente e che è bene sistemare.

Una volta che è passata la fase acuta, la cosa che è importante da iniziare una corretta riabilitazione: infatti i muscoli del paziente appariranno tesi e i vari muscoli appaiono tesi e dolenti: in questa situazione è quindi molto facile andare ad irritarli ancora di più, favorendo un ulteriore blocco meccanico. In questa situazione infatti, nel caso in cui si attesti che il problema nasce da un disturbo discale, trova grande utilizzo eseguire alcuni esercizi secondo la metodica McKenzie: questo tipo di approccio terapeutico nasce con il fisioterapista Neozelandese Robin McKenzie, il quale individuò con grandissimo acume come, nel caso in cui ci si trovi davanti ad un derangement discale (condizione in cui il disco è spostato causando dolore).

Per questo motivo trova grande utilizzo questo tipo di approccio terapeutico: favorisce con una serie di esercizi eseguiti autonomamente dal paziente un recupero della mobilità del disco e delle superfici articolari con le quali le vertebre si relazionano tra loro. In questo video quì sotto c’è l’esempio di alcuni esercizi che vengono svolti per recuperare il range articolare nell’estensione del collo.

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esercizi mc kenzieCome è possibile vedere dall’immagine, questa metodica sfrutta alcuni movimenti attivi da parte del paziente, che permettono anche il ricollocamento del disco intervertebrale nella fisiologica posizione, cosicché smetta di creare questo disturbo a livello della radice nervosa. Questi esercizi sono molto utili anche in quei pazienti che passano molte ore davanti ad uno schermo o con la testa piegata (per utilizzare uno smartphone per esempio).

Per questo tipo di disturbo infatti è stato elaborato un tipo di cuscino che può essere utilizzato per il vostro collo per ricreare quella lordosi cervicale che si è persa (e che logicamente ha favorito la formazione della discopatia). La forma specifica è ideata per essere inserita anche all’interno della federa del cuscino, come mostrato nell’immagine quì accanto.
É possibile acquistarlo su Amazon e, inoltre, lo consiglio di stendere il proprio distretto cervicale almeno 3-4 volte al giorno per almeno 10 minuti ogni volta.

cervicobrachialgia cuscino

Una volta che si è risolta la problematica discale, può essere utile andare a trattare in maniera estremamente precisa tutti i vari muscoli che compongono il distretto cervicale: questo può essere svolto attraverso la fibrolisi meccanica.

La precisione quasi chirurgica che si raggiunge con i vari ganci aiuta a sciogliere blocchi muscolari e connettivali per liberare le struttura e aiutare nel percorso terapeutico. Un esempio dell’approccio con la fibrolisi meccanica è possibile trovarlo nel video quì sotto:

Manipolazione vertebrale cervicale
Manipolazione vertebrale cervicale

Dopo che si è lavorato inoltre sul distretto muscolare, potrebbe esser necessario un recupero del corretto assetto delle superfici articolari (spesso implicate nella sensazione dolorosa), per questo motivo esistono due tipi di trattamento: o la manipolazione vertebrale ad alta velocità e a bassa ampiezza (HVLA) oppure la mobilizzazione secondo metodica Mulligan.
Mentre la manipolazione ad alta velocità viene eseguita con il paziente o sul lettino o seduto ed è un movimento che viene eseguito attraverso una messa in tensione delle strutture creando quindi una sorta di “barriera fittizia” entro cui poi, con un movimento molto rapido, si esegue una manipolazione in rotazione, la quale creerà una cavitazione (un “Crack” per capirci).
La mobilizzazione secondo Mulligan invece è un tipo di approccio più soft che viene eseguito con il carico corporeo del paziente e avviene in maniera quasi chirurgica, attraverso il riposizionamento delle superfici articolari delle vertebre con una pressione secondo l’andamento delle superfici, aggiungendo inoltre la partecipazione attiva del paziente che muoverà il collo seguendo il corretto assetto senza alcun tipo di dolore.

Una volta che è stata sconfitta la componente muscolare che crea dolore e che si è recuperata una corretta mobilità articolare, è bene correggere le cause posturali che hanno indotto questa condizione muscolare e strutturale. Questo può essere ottenuto grazie alla rieducazione posturale secondo il Metodo Mezieres che, attraverso una messa in tensione globale che viene effettuata dalla testa ai piedi, sarà possibile riposizionare i segmenti corporei nella loro fisiologica posizione. Questo avviene attraverso una serie di manovre accompagnate alla respirazione e che permettono quindi un allungamento globale della catena muscolare posteriore.
Durante la messa in tensione del paziente, potete vedere nel video quà sotto come venga a modificarsi la struttura posturale con una vibrazione molto importante.

Esercizi

Molti quindi mi chiederanno: ma quali esercizi posso fare se soffro di cervicobrachialgia?
Logicamente il trattamento migliore che deve esser eseguito è quello del fisioterapista esperto di questo genere di patologia; nonostante questo esistono degli esercizi che possono essere svolti autonomamente e che aiutano.

  • Il primo esercizio che vi consiglio di fare a casa è quello che viene chiamato lo Static back”. Questo esercizio viene fatto per riportare le varie strutture posteriori del corpo in una posizione neutra e favorire un rilascio della muscolatura compensatoria che interferisce con il sistema chiuso caviglia-piede e aiuta la colonna a rilassarsi.
    Tenere questa posizione per 5 minuti tenendo le braccia aperte e le gambe posizionate su di una struttura cosicchè possano stare in un angolo tra anca e busto di 90°; inoltre eseguire una respirazione diaframmatica (gonfiando la pancia durante l’inspirazione e nel mentre si butta fuori l’aria la pancia entra verso il basso)(tutto spiegato nel video quì sotto)

  • Un altro ottimo esercizio che viene fatto per riallineare tutto l’assetto tra spalle e arto inferiore è quello che viene chiamato Gravity drop: questo esercizio viene fatto indossando delle scarpe da ginnastica e posizionandosi su di uno scalino. Posizionando le teste metatarsali sullo scalino, permettere che i talloni vadano verso il basso, mantenendo lo sguardo davanti. L’esercizio infatti è proprio quello di lasciare che il peso del corpo venga diretto verso il basso nei talloni allungando le strutture posteriori dei polpacci.
    Mantenere questa posizione per 3 minuti senza piegare le ginocchia. Nel video quì sotto c’è la spiegazione molto dettagliata.

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Riguardo Daniel Di Segni
Daniel Di Segni
Nel mio Studio “Cervicale e Vertigini” di Roma, investo moltissime risorse economiche e professionali per permettere al paziente di avere una fisioterapia di qualità ed individuare il miglior percorso riabilitativo per la singola esigenza e situazione del paziente riducendo quindi il numero delle sedute fisioterapiche.

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